mercredi 7 octobre 2009
NAUFRAGARE OLTRE LA FRONTIERA DEL DEFINITO
Provate a immaginarvi una frontiera. Raffigurandovela troverete di certo un' unica funzione a questa linea reale o immaginaria, cioè quella di separare, dividere e mettere in confronto tutto ciò che ci circonda. Questa parola perciò circoscrive e compartimenta il mondo, basta solamente scegliere un campo che svelerà le diverse delimitazioni che ci circondano e/o costruiscono. Cosi Nicolas tratterà delle frontiere trà razionalità e l’inconscio, mentre Romain svelerà attraverso Chatwin lo sboccare d’ell’uomo nomade che si libera dalle frontiere della sedentarietà. La frontiera è ovunque una barriera, un impedimento tra due possibili, un muro di Berlino che imprigiona e costringe.
Cosi mi stavo morfondendo in una visione strettamente pessimistica della frontiera quando ebbi finalmente l’idea di una lieta e costruttiva frontiera, quella che esclude allo sguardo di Leopardi le valli di Recanati. Quest’ostacolo visivo prende la forma du una siepe in cui il poèta dell ottocento si confronta mentre stà componendo il suo celeberissimo infinito e che gli permette di immaginare quello che c’è oltre. Con lo sguardo impedito da questa frontiera ci si può interrogare sul perchè dell’amore che l’autore porta a questa « cara » siepe. Per quale motivo questa barriera può rivelarsi per lui una fonte poetica dell’immaginazione che, invece di separarare due universi, trasforma l’ostacolo in un ponte tra realtà e immaginario. La siepe imprigiona magari lo sguardo, ma libera un’immaginazione capace di figurarsi quel che c’è dietro. Sradicandoci così dalla prigione dei nostri sensi si puo raggiungere con la forza del pensiero la soddisfazione delle illusioni indefinite. La siepe di Recanati non limita affatto le nostre possibilità, ma catalizza invece una fantasia che ci propone un’avventura intima, una contemplazione del vago come lo dice lui stesso nello Zibaldone : « l’anima immagina quello che non vede, che quell’albero, quella siepe, quella torre qli nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perchè il reale escluderebbe l’imaginario ». Si sostituisce cosi al reale una finzione immaginaria che mette in moto un universo temporalmente e geograficamente infinito (lo dice usando les parole « interminato spazio », « sovrumani silenzi » o ancora « profondissima quiete »). Per la prima volta « l’ermo » colle che personalizza la frontiera non è solamente un elemento di esclusione ma di dialogo trà quello che è reale e quello che è immaginato. Se mi posso permettere una metafora avventurosamente poetica, vedrei l’ostacolo del monte Tabor come l’asse di un altalena che permette un dondolio, un movimento tra la precisione delle sensazioni reali e lo smarrimento indefinito e vago dell’immaginazione. In altri termini questa barriera à il punto di riferimento trà la tristezza di un esattitudine reale e il vagheggiamento felice nel territorio immenso del sogno come lo esprimodo i due ultimi versi della poesia : « (…)così tra questa/ immensità s’annega il pensier mio/ e il naufragar m’è dolce in questo mare ».
Entousiasta nella dinamica costruttiva e dinamica di questa frontiera mi sono chiesto se fosse possibile dare un’ impressione magari piu estetica della relazione trà il vago immaginato e la precisione realistica nella poètica leopardiana. Godendo peraltro di un supporto web, straodiarianamente più diversificato che il foglio scritto, mi sono convinto ad includere un veicolo fotografico alla mia analisi. E cosi eccomi sceso per strada davanti a casa mia alla ricerca della propria siepe. Dopo qualche instante di ricerca mi trovai qualche sogetto di studio, ossia un pugno di cespugli che delimitano la banchina pedonale. Troverete di certo un po inutili questi intrallazzi, rivelando inoltre nelle mie pratiche un dilettantismo ingenuo. Magari. Nonostante ciò vorrei far spuntar fuori una rappresentazione grafica di quel che puo essere la frontiera tra la precisa materialità della siepe e il metafisico vago secondo piano. Quest ultimo è senzaltro l’humus di un’ immaginazione indefinita. Provocando una profondità di campo ristretta al minimo con un focus sui dettagli della pianta, la sfumatura dell’orrizonte risulta evanescente e vaporosa. Al di là dei fogli volutamente precisissimi in dettagli anatomici, lo sfocamento del mondo reale è spinto al massimo. Sono perciò i contorni del cespuglio che servono da frontiera tra il definito e il vago, rivolgendo a noi spettatori il dovere di immaginare, di costruirci il nostro mare di sogni, per poter infine « naufragarci » del tutto. Solo con questa frontiera della fantasia si può sorpassare un mondo talvolta insopportabile. Qui io ci vedo un bell' insegnamento: non dimentichiamoci mai di perderci, ecco quel che ci insegna Leopardi.
LA POESIA E LA SUA TRADUZIONE FRANCESE
L’INFINI
Toujours elle me fut chère cette colline solitaire
et cette haie qui dérobe au regard
tant de pans de l'extrême horizon.
Mais demeurant assis et contemplant,
au-delà d'elle, dans ma pensée j'invente
des espaces illimités, des silences surhumains
et une quiétude profonde ; où peu s'en faut
que le cœur ne s'épouvante.
Et comme j'entends le vent
bruire dans ces feuillages, je vais comparant
ce silence infini à cette voix :
en moi reviennent l'éternel,
et les saisons mortes et la présente
qui vit, et sa sonorité. Ainsi,
dans cette immensité, se noie ma pensée :
et le naufrage m'est doux dans cette mer.
Giacomo Leopardi
L’INFINITO
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
de l'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi
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Non puoi nemmeno immaginare quanto mi piacciono le cose che hai scritto e come le hai scritte.
RépondreSupprimerIo ho studiato Leopardi da ragazza, al liceo, ma avrei voluto avere un professore che mi faceva fare l'esercizio che hai fatto tu...